Il codice genetico e la sintesi proteica

PROTEINE E GENI... SEMPRE INSIEME!

Le ricerche effettuate per comprendere in che modo il DNA controlli le attività cellulari presero avvio da un’ipotesi elaborata per la prima volta nel 1908.









In quell’anno un medico inglese A. Garrod, presentò in una serie di conferenze alcune nuove teorie riguardanti certe malattie umane che egli definiva <<errori congeniti nel metabolismo>>.
A.Garrod(1857-1936)
Garrod ipotizzò che alcune malattie causate dall’incapacità fosse dovuta a carenze enzimatiche; in questa ipotesi, che anticipava i tempi quasi mezzo secolo,  era implicita l’idea che i geni influenzassero la produzione degli enzimi.
A metà del secolo scorso i biologi cominciarono a capire che tutte le attività biochimiche della cellula dipendevano da enzimi specifici.
In quegli stessi anni un genetista statunitense, G. Beadle che stava lavorando sui mutanti di Drosophila per il colore degli occhi, formulò l’ipotesi che i diversi colori degli occhi osservati in questo mutanti fossero il risultato della variazione di un unico enzima.
Nel 1941 Beadle, insieme al suo amico biochimico E.Tatum, proseguendo gli esperimenti con un altro organismo riuscì a dimostrare la relazione tra mutazioni e perdita di funzionalità di specifici enizimi.
Beadle e Tatum giunsero alla conclusione che a un particolare gene corrisponde un determinato enzima.
Un’ulteriore introduzione a quest’ipotesi fu introdotta quando si scoprì che alcuni geni possono codificare, cioè portare l’informazione genetica, per la sintesi non di catena polipeptidica o per un determinato RNA vennero chiamati geni strutturali per distinguerli dai geni che vengono perciò detti regolatori.
L. Pauling fu uno dei primi a cogliere le implicazioni del lavoro di Beadle e Tatum nel caso in cui un gene che subisce una mutazione determini il cambiamento o la perdita della funzionalità di un enzima o di una proteina.
Pauling pensava che le malattie umane che riguardano l’emoglobina possono essere ricondotte a una variazione, rispetto alla norma, della struttura proteica della molecola di emoglobina.
Pauling prelevò campioni di emoglobina da individui affetti da anemia falciforme e dunque omozigoti recessivi, da individui eterozigoti per l’allele dell’anemia e da individui omozigoti per l’alle normale. Oer cercare di individuare eventuali differenze in queste proteine si servì di una tecnica, detta elettroforesi, che permette di osservare il comportamento di molecole organiche disciolte in una soluzione e sottoposte all’azione di un debole campo elettrico.
Dai risultati si deduce che in una persona affetta da anemia falciforme sintetizza un tipo di emoglobina differente rispetto a auna persona sana. L’emoglobina normale ha maggiore carica negativa, per cui rimane più vicina al polo positivo rispetto all’emoglobina delle cellule falciformi. L’emoglobina presente in un individuo eterozigote mostra invece la curva con due picchi, corrispondenti all’emoglobina normale e a quella delle cellule falciformi: ciò dimostra che la presenza di entrambe le forme di emoglobina. Una persona eterozigote, che porta cioè sia una copia dell’allele per il carattere falciforme si una copia dell’allele per l’emoglobina; tuttavia, si formano abbastanza molecole normali per evitare che l’anemia si manifesti.

L'RNA


Grazie anche alle ricerche effettuate da Pauling, fu chiaro che la molecola di DNA r il codice che contiene le istruzioni per la sintesi proteica e per le varie funzioni cellulari, e che queste istruzioni sono poi eseguite dalle proteine. La sequenza lineare degli amminoacidi di una catena polipeptidica determina la struttura tridimensionale dell’intera proteina e questa struttura a sua volta ne determina la funzione.
Ma in che modo la sequenza delle basi azotate nel DNA può determinare la sequenza degli amminoacidi di una proteina?
Grazie alla si scoprì il ruolo dell’acido ribonucleico (RNA).



E’ una sostanza chimicamente simile al DNA. Le differenze sostanziali da quest’ultimo sono tre:
1)      Nei nucleotidi dell’RNA lo zucchero è il ribosio e non il deossiribosio;
2)      L’RNA contiene, al posto della timina, una piramidina molto simile, l’Uracile (U).  essa si appia con l’adenina;
3)      La maggior parte dell’RNA è composto da un singolo filamento.
Molte ricerche portarono alla conclusione che l’RNA avesse un ruolo importante nella traduzione dell’informazione genetica. Fu scoperto che le cellule molto ricche di RNA sintetizzano grandi quantità di proteine; nella cellula eucariote l’RNA si trova essenzialmente nel citosol. Sappiamo che sia nelle cellule eucariote che in quelle procariote sono ricchi di ribosomi, a loro volta ricchi di RNA.


Le molecole di RNA messaggero (mRNA) sono assemblate a partire da uno dei due filamenti del DNA in base allo stesso principio dell’appaiamento delle basi che regola la sua duplicazione. Mediante il processo di trascrizione viene sintetizzato questo tipo di RNA. Ha il compito di trasportare le informazioni codificate nel DNA,  nel citoplasma. Quando il suo compito è terminato, l’mRNA si scompone nei nucleotidi che lo costituiscono; questi saranno poi riutilizzabili.
Ogni molecola di RNA ha un’estremità 5’ e una 3’. I nucleotidi si aggiungono alla catena di RNA in via di formazione, perdendo due gruppi fosfato.
Questo processo è conosciuto come trascrizione, ha lo scopo di “trascrivere” il messaggio contenuto in un segmento di DNA in una molecola di RNA complementare; per questo motivo tale molecola è chiamata trascritto.

Particolari sequenze nucleotidiche del DNA, dette promotori, sono i siti di legame per l’RNA polimerasi. Nel punto di attacco di questo enzima, il DNA si apre e i due filamenti continuano a separarsi a mano a mano che l’RNA polimerasi si sposta lungo la molecola.
I nucleotidi sono assemblati nell’RNA in direzione da 5’ a 3’ via via che l’enzima legge il filamento stampo del DNA in direzione inversa.
I promotori consistono il segnale di partenza per la sintesi dell’RNA. Mentre le sequenze di arresto bloccano il tutto, in quanto marcano i punti in cui termina la trascrizione.

La trascrizione si costituisce di tre fasi fondamentali:
·         Nella fase di inizio, l’RNA polimerasi riconosce la sequenza del promotore e si attacca a esse.
La fase è completa quando i due filamenti di DNA vengono separati formando un complesso aperto lungo circa dodici basi azotate;
·         Durante la fase di allungamento l’RNA polimerasi sintetizza il trascritto di mRNA e il fattore sigma si stacca. Il filamento di DNA che viene trascritto è chiamato filamento stampo. La sequenza di basi del filamento di RNA in completazione è complementare al filamento stampo da cui viene trascritta.
La sequenza è identica a quella di DNA, l’unica differenza sta nell’Uracile.
·         Nella fase di terminazione, l’RNA polimerasi si incontra sul DNA una sequenza di arresto costituita da nucleotidi che bloccano il processo di trascrizione.

L'mRNA


Ho già parlato dell’mRNA ma è giusto, vista la sua importanza, precisare bene cosa accada. 

In questo post parlerò dell’elaborazione dell’mRNA nelle cellule eucariote.
Una delle maggiori sorprese che si sono avute nello studio del DNA eucariote è stata la scoperta che le sequenze dei geni codificanti per le proteine sono interrotte da sequenze nucleotidiche che non vengono tradotte.
Queste interruzioni non codificanti di un gene sono dette introni, mentre le sequenze codificanti sono chiamate esoni.







Gli introni furono scoperti nel corso degli esperimenti di ibridazione mRNA-DNA. I ricercatori scoprirono che non vi era una perfetta corrispondenza tra le molecole di RNA messaggero maturo e i geni da cui queste molecole venivano trascritte; le sequenze nucleotidiche dei geni erano molto più lunghe delle molecole complementari di mRNA maturo.
Gli introni possono essere trascritti inizialmente nelle molecole di pre-mRNA, ma i segmenti di mRNA corrispondenti agli introni sono eliminati prima della traduzione. Dal punto di vista evolutivo non è ancora chiaro se gli introni siano comparsi nel corso del tempo o fossero presenti anche nelle prime cellule; secondo quest’ultima ipotesi, i batteri e gli altri microrganismi che hanno un alto tasso di riproduzione avrebbero eliminato col passare del tempo tutto il DNA considerato inutile.
Prima che la trascrizione sia completa viene aggiunto un “cappuccio” di un insolito nucleotide alla sua estremità 5’; questo processo prende il nome di capping. Il cappuccio è necessario per far uscire l’mRNA dal nucleo per attaccarlo al ribosoma eucariote.
Il pre-mRNA va incontro a due processi prima di passare nel citosol: la sua trasformazione in mRNA maturo e l’aggiunta di una sequenza nucleotidica all’estremità 3’ della molecola.
Questo nuovo segmento chiamato coda poli-A, ha lo scopo di conferire una certa stabilità alla molecola consentendole di resistere per un tempo maggiore nel citosol.
L’altro importante evento che avviene prima che la molecola di pre-mRNA lasci il nucleo è lo splicing, un meccanismo tramite cui avviene il taglio degli introni e la ricongiunzione degli esoni. Gli introni vengono rimossi dal trascritto di mRNA da un grosso complesso molecolare che prende il nome di spliceosoma ed è formato da numerose piccole riboproteine nucleari.
Lo splicing deve essere assai preciso dato che il più piccolo errore potrebbe avere conseguenze molto gravi per la cellula. L’mRNA maturo passa poi nel citosol dove è tradotto in proteina.
Nelle cellule eucariote, i trascritti di pre-mRNA identici vengono rielaborati in modi diversi per cui, da un singolo gene, si possono formare molteplici mRNA maturi (splicing alternativo). Questo permette a un gene di codificare per due o più proteine aumentando così la complessità dei proteomi eucarioti.

IL VERO CODICE GENETICO


L’aver identificato l’mRNA come la copia di lavoro delle istruzioni genetiche non aveva ancora risolto il
Il codice genetico è formato da 64 combinazioni di codoni e loro
corrispondenti amminoacidi.
problema di come queste istruzioni siano codificate nel DNA. Le proteine contengono ciascuno solo quattro diversi nucleotidi. Non si sa come questi nucleotidi costituivano un codice genetico per gli amminoacidi.
Un codice è un sistema di segnali o di simboli ai quali viene attribuito un significato preciso allo scopo di tramettere un messaggio.
Il messaggio contenuto nel DNA deve essere decodificato per sintetizzare una determinata proteina. Gli scienziati affrontarono il problema con gli stessi metodi che i crittografi usano per decifrare i codici.
Ogni amminoacido deve essere determinato da almeno tre nucleotidi in sequenza.
Ogni combinazione è costituita da una sequenza di tre nucleotidi (tripletta) e viene chiamata codone.


Gli scienziati che eseguirono i primi e fondamentali esperimenti per decifrare il codice furono M. Nirenberg e H. Matthaei.
L’RNA messaggero si dimostrò lo strumento più idoneo a decifrare il codice. Nirenberg prese estratti cellulari di E. coli a cui aggiunge amminoacidi marcati radioattivamente e campioni di RNA prelevati da diversi organismi. Tutti i campioni di RNA stimolavano la sintesi proteica e la quantità di proteine radioattive prodotte erano piccole, ma misurabili. I dispositivi cellulari producevano proteine anche quando gli “ordini” ricevuti dall’RNA provenivano da organismi “estranei”.
Nirenberg e Matthaei provarono poi ha inserire un RNA artificiale: se gli estratti cellulari di E. coli potevano leggere un messaggio estraneo e tradurlo in proteine, essi avrebbero forse potuto leggere anche un messaggio del tutto inventato dagli scienziati stessi.
I codoni ai quali corrisponde lo stesso amminoacido spesso differiscono solo per il terzo nucleotide, e il codice viene per questo detto degenerato.
Il codice genetico è identico praticamente in tutti gli organismi, da E. coli a Homo sapiens.
Il codice genetico si è evoluto in tempi assai remoti, è rimasto inalterato e rappresenta l’unità di base di tutti gli essere viventi.
Sono state trovate alcune eccezioni al codice appena descritto. La maggior parte di esse riguarda i mitocondri; questi organuli cellulari contengono un proprio DNA, indipendente da quello nucleare, che viene trascritto nell’mRNA per la sintesi di alcune proteine mitocondriali.

LA SINTESI PROTEICA


Negli organismi eucarioti i meccanismi con cui avviene la sintesi proteica sono più complessi; una caratteristica fondamentale che riguarda gli eucarioti è che la trascrizione ha luogo all’interno del nucleo della cellula, mentre le proteine sono sintetizzate nel citoplasma.
La sintesi proteica richiede l’mRNA, due tipi di RNA: l’RNA ribosomiale e l’RNA di trasporto. Queste molecole differiscono dall’RNA messaggero sia per la struttura sia per la funzione.
I ribosomi sono i siti della sintesi proteica e sono costituiti per un terzo da proteine e per due terzi da RNA; il tipo di RNA che essi contengono è detto RNA ribosomiale (rRNA).







Ogni ribosoma è formato da due subunità, ognuna composta da rRNA e proteine specifiche:
·         La subunità più piccola ha un sito di legame per l’mRNA;
·         La subunità più grande ha tre siti di legame per il tRNA (RNA di trasporto).
Le molecole di RNA di trasporto (tRNA) possono essere invece paragonate a un dizionario bilingue che traduce il linguaggio degli acidi nucleici in quello delle proteine.
Alcune parti della sequenza nucleotidica sono uguali in tutti i tRNA, mentre le altre variano a seconda del particolare tRNA. Un secondo sito di attacco si trova su uno dei “bracci” della molecola; questo sito è costituito da tre nucleotidi che formano un anticodone.
Un’altra regione della molecola di tRNA funziona come sito di riconoscimento per un enzima chiamato amminoacil-tRNA sintetasi. Ognuno di questi enzimi ha un sito di legame per un dato amminoacido e per la relativa molecola di tRNA. Le amminoacil-tRNA sintetasi catalizzano l’attacco degli specifici amminoacidi alle relative molecole di tRNA; in questo modo l’amminoacido è pronto per essere trasportato in un punto preciso della catena polipeptidica in via di formazione.
La sintesi proteica è detta trascrizione.
La prima fase (o, semplicemente, inizio) comincia quando la subunità minore del ribosoma si attacca al filamento di mRNA presso l’estremità 5’, ponendo in relazione il primo codone.
L’estremità iniziale dell’mRNA si attacca al ribosoma anche se il resto della molecola è ancora in fase di trascrizione; nei procarioti trascrizione e traduzione possono avvenire contemporaneamente.
Il primo tRNA si colloca in modo da appaiarsi con il codone d’inizio dell’mRNA. Nei procarioti il tRNA che ha questo anticodone porta con se una forma modificata dell’amminoacido metionina, nota come fMet.
Questo sarà pertanto il primo amminoacido della catena polipeptidica in via di formazione, ma in seguito fMet viene generalmente rimossa dal polipeptide.
La combinazione fra la subunità minore, l’mRNA e il tRNA d’inizio è detta complesso di inizio. La subunità maggiore si attacca a quella minore e il tRNA d’inizio, con la fMet, va a occupare il sito P della subunità maggiore.
L’energia necessaria per questa tappa, che completa la fase iniziale, viene fornita dall’idrolisi del nucleotide guanosina trifosfato (o GRT).
All’inizio della seconda fase il secondo codone dell’mRNA si trova in corrispondenza del sito A della subunità maggiore. Un tRNA con l’anticodone complementare si inserisce sulla molecola di mRNA e viene a occupare il sito A del ribosoma. A questo punto entrambi i siti, A e P, sono occupati e si forma un legame peptidico tra i due amminoacidi, attaccando il primo (fMet) al secondo.
L’mRNA poi scorre in avanti di un codone nel ribosoma. Il primo tRNA si sposta nel sito E e viene liberato. Il secondo tRNA, al quale ore sono attaccati fMet e il secondo amminoacido, passa dal sito A al sito P. Un terzo complesso amminoacido-tRNA si inserisce nel sito A di fronte al terzo codone dell’mRNA.
Quindi l’operazione si ripete. All’estremità finale del filamento di mRNA è presente uno dei tre codoni che portano il segnale di arresto. Non esistono tRNA con anticodoni corrispondenti a queste triplette di stop e durante la fase di terminazione nel sito A non entrerà alcun tRNA, ma si inserirà una proteina detta fattore di rilascio.
Nelle cellule procariote la parte iniziale della molecola dell’mRNA rimane libera e un altro ribosoma può formare con essa un complesso d’inizio. Un gruppo di ribosomi che legge la stessa molecola di mRNA è detto polisoma.
I polisomi sintetizzano contemporaneamente molte copie di un polipeptide a partire dalle istruzioni trasportate da un’unica molecola di mRNA.

LE MUTAZIONE GENETICHE

Circa un secolo fa H. de Vries definì le mutazioni come caratteristiche che appaiono nel fenotipo. 

Una mutazione è un cambiamento della sequenza o del numero dei nucleotidi in un segmento di acido nucleico. Le mutazioni che si verificano nei gameti sono trasmesse alle generazioni successive; le mutazioni che si verificano nelle cellule somatiche sono trasmesse alle cellule figlie prodotte per mitosi e citodieresi.







Molte mutazioni riguardano la semplice sostituzione, aggiunta o perdita di un singolo nucleotide e sono perciò dette mutazioni puntiformi. Esistono diversi tipi di mutazioni per sostituzione di basi azotate.
Una mutazione che determina l’inserimento di una amminoacido diverso da quello normalmente presente nelle proteine è detta mutazione di senso.
Un altro tipo di mutazione puntiforme viene definito mutazione non senso; in tal caso, il risultato della sostituzione di un nucleotide è un codone di arresto.
Un terzo tipo si mutazione puntiforme è la mutazione silente che si verifica quando al cambiamento di un nucleotide non corrisponde un cambiamento di amminoacidi nel momento della traduzione e non si hanno conseguenze di nessun tipo per l’individuo.
Le mutazioni infine possono interessare anche le regioni non codificanti dei geni. Anche queste mutazioni possono avere degli effetti soprattutto se colpiscono i segmenti di DNA che hanno una funzione di controllo della sintesi proteica.
Altre mutazioni spontanee possono derivare dall’azione di sostanze tossiche che provengono dai processi metabolici di sostanze tossiche che provengono dai processi metabolici della cellula; tali sostanze, come i radicali liberi, interagiscono direttamente col DNA alterandone la struttura. Il tasso di mutazioni spontanee in gene è basso.
Geni differenti, e perfino alleli differenti dello stesso gene, hanno differenti tassi di mutazione; si pensa che queste differenze siano in relazione sia alla composizione chimica del gene, o dell’allele, in questione sia alla sua posizione sul cromosoma.
Molte mutazioni sono indotte (avvengono per cause ambientali); tra gli agenti che provocano questo tipo di mutazioni sono i raggi X, i raggi ultravioletti e varie altre sostanze chimiche chiamate mutageni

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