La genetica classica


MENDEL E LA GENETICA CLASSICA

I primi studi di genetica vennero condotti da G. Mendel; egli, infatti, è anche riconosciuto come il padre della
genetica.
L’importanza del lavoro di Mendel è legata all’introduzione di un rigoroso metodo scientifico. Mendel utilizzò un approccio metodologico del tutto innovativo che prendeva queste tappe:
·         Mise a punto un’ipotesi di lavoro;
·         Pianificò gli esperimenti con cura;
·         Studiò i discendenti di varie generazioni successive;
·         Contò il numero dei discendenti e analizzò i risultati ottenuti;
·         Organizzò i dati in modo tale da rendere la loro valutazione semplice e oggettiva.
Egli osservò che nella prima generazione F1 tutti i discendenti mostravano solamente uno dei due presenti nei genitori, egli definì questo carattere dominante; l’altro carattere venne chiamato recessivo.
Mendel formulò tre leggi diverse basandosi sui risultati ottenuti:
Mendel condusse i suoi esperimenti sulle piante di pisello
  • 1.       Legge della dominanza: dall’incrocio tra due organismi che differiscono per una coppia di caratteri si ottengono solo individui che mostrano il carattere dominante;
  • 2.       Legge della segregazione: ogni individuo ha coppie di fattori per ogni unità ereditaria e i membri di una coppia segregano nella formazione dei gameti;
  • 3.       Legge dell’assorbimento: dall’incrocio di due eterozigoti della generazione F1 si ottiene una seconda generazione in cui i caratteri segregano in maniera del tuto indipendente dando origini a nuove combinazioni in proporzioni definite. 

COSA SEGUI' MENDEL?


Agli inizi del Novecento furono effettuati studi e i relativi risultati costituiscono il nucleo centrale della genetica classica (è un ramo della biologia che si è occupata di ampliare i concetti sviluppati dalle teorie di Mendel).
Molti di questi studi dimostrano che i criteri che regolano l’ereditarietà non sono sempre così semplici e lineari come i risultati riportati da Mendel. Egli aveva accuratamente selezionato alcuni caratteri che mostravano le sequenze ben definite.
Col passare del tempo gli scienziati si accorsero che gli effetti fenotipici di un certo gene possono essere influenzati dagli alleli di quel gene e da altri geni presenti sia nell’organismo che nell’ambiente. Inoltre, videro che la maggior parte dei caratteri è influenzata da più di un gene. Una delle scoperte più sorprendenti fu che i geni possono subire improvvisi cambiamenti.







Nel 1902 Hugo de Vries rese noti i risultati due sui studi relativi all’ereditarietà mendeliana.
La trasmissione ereditaria dei caratteri di questa pianta sembrava seguire un modello ordinato e prevedibile come nella pianta di pisello. A volte appariva un carattere che non era presente in nessuno dei due genitori né in alcun antenato di quella particolare pianta.
De Vries ipotizzò che tali caratteri comparissero in seguito a improvvisi cambiamenti avvenuti nei geni e che le caratteristiche determinate da un gene modificato fossero poi trasmesse come ogni altro carattere ereditario. Egli chiamò tali bruschi cambiamenti ereditari mutazioni e gli organismi che li presentavano furono detti mutanti. Alleli differenti dello stesso gene si originavano in seguito a mutazioni; egli riteneva che l’allele per il carattere “seme rugoso” si fosse originato da una mutazione del gene che determina il “seme liscio”.  Le mutazioni possono essere vantaggiose o svantaggiose per l’organismo che le porta. Una mutazione è favorevole se avvantaggiava la specie; un esempio classico è dato dalla tolleranza al lattosio.
Tra le mutazioni vantaggiose ci sono anche quelle che hanno portato gli animali a un assetto corporeo tanto mimetico da ingannare i predatori. Tra le mutazioni sfavorevoli ci sono anche quelle che causano alcune malattie umane, come l’albinismo e la PKU, oppure che determinano le caratteristiche genetiche.
A mano a mano che gl studi di genetica procedevano, divenne chiaro che le caratteristiche dominanti e recessive non sono sempre così nette come quelle dei sette caratteri studiati da Mendel. Alcune caratteristiche sembrano mescolarsi.
Questo fenomeno, in cui il fenotipo dell’eterozigote mostra caratteristiche intermedie tra quelle dei due omozigoti, è detto dominanza incompleta ed è il risultato degli effetti combinanti dei prodotti genici. In altri casi gli alleli possono manifestare il fenomeno della codominanza, con organismi eterozigoti che esprimono contemporaneamente entrambi i fenotipi omozigoti.

Ogni organismo diploide può avere soltanto due alleli per ogni gene, ma in una popolazione di organismi possono essere presenti più di due forme alleliche per uno stesso gene; si hanno alleli multipli che derivano da differenti mutazioni dello stesso gene. Questo accade nei diversi colori del mantello di alcuni mammiferi. Negli esseri umani i quattro principali gruppi sanguigni (A, B, AB e 0) sono determinati dalle combinazioni dei tre alleli di unico gene. Gli alleli A e B sono codominanti, mentre l’allele 0 è recessivo.
Il fenotipo è dato da particolari polisaccaridi, chiamati appunto A e B, che si trovano sulla superfice dei globuli rossi; nel plasma sanguigno sono presenti delle particolari proteine, gli anticorpi, per il riconoscimento dei polisaccaridi caratteristici dei gruppi diversi dal proprio; è di fondamentale importanza conoscere il gruppo sanguigno di un paziente prima di effettuare una trasfusione.
Si hanno anche interazioni tra alleli di geni differenti. La maggior parte delle caratteristiche che costituiscono il fenotipo di un organismo, è il risultato dell’interazione tra due o più geni distintivi.
Quando un carattere è influenzato da due geni diversi, può apparire un fenotipo del tutto nuovo che può essere semplice oppure a forme diverse. L’interazione genica non produce alcun nuovo fenotipo, ma un gene può interferire con un altro mascherandone gli effetti. Questo tipo di interazione è detta epitasi. Alcuni caratteri, come la statura, il colore della pelle, il tasso metabolico  e il comportamento sono il risultato degli effetti combinati di molti geni; questo fenomeno è detto ereditarietà poligenica. Un carattere che risente dell’azione di più geni presenta una gradazione di alleli differenti che è detta variazione continua. Alcune di queste variazioni sono condizionate anche da fattori ambientali. Un fattore ambientale che spesso influisce in maniera radicale sull’espressione genica è la temperatura.

La maggior parte dei caratteri è influenzato da un certo numero di geni differenti, ma spesso sono accade che un singolo gene possa avere molteplici effetti sul fenotipo di un organismo: questo fenomeno è detto pleiotropia (un esempio è quello dell’anemia falciforme). L’espressione di un gene è sempre il risultato della sua interazione con l’ambiente.

UN ALTRO PERSONAGGIO: MORGAN E IL SUO STUDIO SUI CROMOSOMI SESSUALI


Durante gli anni in cui gli esperimenti di Mendel erano rimasti ignorati, erano stati fatti molti progressi nel campo della microscopia e anche nello studio della struttura della cellula. Fu in questo periodo che vennero individuati i cromosomi e furono osservati per la prima volta i loro movimenti durante la mitosi e la meiosi.
W. Sutton
Nel 1902 W. Sutton stava studiando la produzione di gameti nei maschi di cavalletta quando egli notò che i cromosomi risultavano appaiati sin dall'inizio della prima divisione meiotica e i due cromosomi che costituivano ogni coppia si assomigliavano notevolmente.
Nelle cellule diploidi i cromosomi sembrano essere raggruppati in coppie.  L'appaiamento era però, a causa degli strumenti di allora, possibile da riconoscere solo all'inizio della prima divisione meiotica. Un occhio esperto, era però in grado di riconoscere l'appaiamento anche durante la metafase della mitosi.


Sutton fu colpito dallo strano parallelismo fra le osservazioni da lui fatte e la legge di Mendel della REMEMBER! La legge di segregazione di Mendel affermava che "ogni individuo ha due coppie di fattori per ogni unità ereditaria e i membri di una coppia si separano nella formazione dei gameti").
segregazione (
Da questo confronto emerse l'ipotesi che fossero di cromosomi i veri portatori dei geni e che i due geni di ogni allele si trovassero sui cromosomi omologhi. Il nostro scienziato Sutton suppose che gli alleli rimanessero sempre indipendenti e fossero separati nella meiosi I, quando si separano i cromosomi omologhi. Sutton da ciò dedusse che con la fusione dei gameti, durante la fecondazione, si potessero formare nuove combinazioni di alleli. Egli spiegava la legge di Mendel della segregazione degli alleli in base alla separazione dei cromosomi omologhi durante la meiosi.
Sutton riteneva che anche l'affermazione sull'assortimento indipendente (REMEMBER! Questa legge affermava che "gli alleli di geni differenti segregano indipendentemente gli uni dagli altri").
In base alle sue considerazione, Sutton ritenne che i geni fossero portati da cromosomi.

Alcuni anni dopo la pubblicazione degli studi di Sutton e di altri citologi, gran parte dei ricercatori pensava ancora che la conclusione a cui era giunto lo scienziato era poco attendibile dato che era poco attinenti agli studi sull'ereditarietà. Il contributo decisivo per dimostrare la localizzazione dei geni sui cromosomi venne soprattutto dalle ricerche effettuate sul moscerino della frutta Drosophila.

I cromosomi di un organismo diploide sono presenti in coppie. I cromosomi di ogni coppia sono uguali tra loro sia nei maschi sia nelle femmine e sono detti autosomi. I cromosomi della coppia che fa accezione sono uguali tra loro solo in uno dei due sessi: i cromosomi di questa coppia sono detti cromosomi sessuali.

I geni che si trovano sui cromosomi sessuali portano informazioni ereditarie che sembrano non seguire le leggi mendeliane; si parla in questo caso di caratteri legati al sesso. Il primo scienziato che si accorse dell'anomalia nella trasmissione di questi caratteri fu T. H. Morgan.
Morgan scelse il moscerino della frutta Drosophila melanogaster come organismo modello: tra i numerosi vantaggi dell'utilizzare questi insetti ci sono non solo la possibilità di tenerli in semplici bottiglie e la facilità con sui si riproducono, ma anche il fatto che la drosofila ha solo quattro paia di cromosomi.
I ricercatori del laboratorio di Morgan tentarono di individuare eventuali differenze genetiche presenti tra i vari moscerini impiegati per gli esperimenti di incroci, simili a quelli condotti da Mendel sulle piante del pisello. Una delle più vistose e importanti caratteristiche dei moscerini della frutta è il colore rosso brillante degli occhi; un giorno comparve un moscerino con occhi bianchi. Furono condotti vari esperimenti sulla base delle ipotesi di Morgan e sulla base di questi esperimenti, furono formulate le seguenti ipotesi: il gene per il colore degli occhi è presente solo sul cromosoma X. Infatti, il cromosoma Y del moscerino maschio porta pochissime informazioni genetiche.
Una femmina eterozigote ha sempre occhi rossi. Invece un maschio da un cromosoma X che possiede l'allele "occhi bianchi" dovrà sempre avere gli occhi bianchi dal momento che non è presente nessun altro allele.

Oggi vengono definiti caratteri legati al sesso tutti quei caratteri che vengono trasmessi e si manifestano diversamente nel maschio e nella femmina.

LE MALATTIE GENETICHE


Tra i geni umani che sono portatori di caratteri legati al sesso ci è il gene responsabile della presenza dei peli
Uomo indiano con le orecchie pelose
sui lobi delle orecchie; esso si trova sul cromosoma Y ed è assente sul cromosoma X.
Nella specie umana è più facile che si verifichi la situazione opposta; poiché il cromosoma Y è più piccolo e porta un numero molto minore di informazioni genetiche rispetto al cromosoma X.
L'ereditarietà dei caratteri recessivi legati al cromosoma X è particolarmente studiata per alcune malattie umane. La peculiarità di questa ereditarietà rispetto a quella dei caratteri studiati da Mendel si manifesta in diversi modi:

  • Le femmine eterozigoti sono in genere fenotipicamente normali in quanto la presenza dell'allele sano permette alle cellule di svolgere le proprie funzioni;
  • I maschi, se portatori dell'allele recessivo, manifestano il fenotipo della malattia perché essi ne possiedono uno solo;
  • Se un uomo sano e una donna eterozigote hanno dei figli,  le figlie femmine hanno il 50% del probabilità di essere sani e il 50% delle probabilità di essere malati;
  • Una donna può manifestare la malattia solo se il suo genotipo è nella forma omozigote recessiva. 
Il daltonismo consiste nell'incapacità di percepire in modo corretto alcuni colori. I geni che codificano per i
pigmenti sensibili alla luce rossa e verde sono sono entrambi posti sul cromosoma X. Se una persona di sesso maschile ha un gene difettoso per il riconoscimento del colore verde, non potrà distinguere il verde dal rosso; naturalmente, un difetto del gene per il riconoscimento del colore rosso fa apparire il risso come verde. Le femmine eterozigoti hanno una visione normale, mentre quelle omozigoti recessive per il daltonismo, avendo entrambi i cromosomi X portatori di alleli difettosi, manifestano la malattia.
Trasmissione emofilia




Un altro classico esempio di ereditarietà legata al sesso è quello dell'emofilia.
La coagulazione del sangue avviene in seguito a complesse reazioni che necessitano della presenza nel
plasma di specifici fattori proteici; l'incapacità di produrre una particolare proteina dà origine alla forma di emofilia più comune. Le femmine eterozigoti non manifestano alcun problema; la coagulazione del loro sangue è normale dato che l'allele sano è dominante, ma possono trasmettere la malattia ai figli maschi.


La distrofia muscolare di Duchenne è una forma di distrofia che provoca una grave insufficienza dei muscoli volontari; questa forma determina una debolezza progressiva che costringe su una sedia a rotelle i pazienti che ne sono affetti. La malattia è prevalentemente maschile n quanto è assai difficile trovare femmine omozigoti: la gravità della malattia in genere è tale da impedire ai maschi che ne soffrono di riprodursi e di trasmettere alle figlie il cromosoma X con l'allele malato. Nel 1987 il genetista
L. M. Kunkel ha identificato e isolato la proteina che è difettosa nei pazienti colpiti da distrofia muscolare.



Il favismo è dovuto a una carenza congenita di un enzima. Questa carenza non crea particolari problemi ma, quando un individuo affetto da favismo, ingerisce determinati alimenti vegetali la carenza diventa così grave da generare un'improvvisa distruzione dei globuli rossi e la comparsa di una forte anemia con segni di collasso cardiocircolatorio.
La sindrome dell'X fragile è la causa più frequente di ritardo mentale nei maschi. Il nome deriva dall'osservazione del cariotipo; in metafase il cromosoma X sembra avere un punto di rottura (detto zona fragile) a livello del braccio lungo. La sindrome dell'X fragile colpisce in forma leggera anche 1/3 delle femmine eterozigoti ed è da considerare parzialmente dominante.

LE MAPPE CROMOSOMICHE:


Un nuovo passo avanti nello studio dei geni fu quello effettuato da J. H. Muller.

Egli scoprì che l’esposizione ai raggi X aumentava notevolmente la velocità con cui avvenivano le mutazioni in Drosophila. Anche altre forme di radiazioni agivano da mutageni, cioè da agenti in grado di produrre mutazioni. A mano a mano che nel ceppo di moscerini studiato da Mendel veniva prodotto un numero sempre più alto di mutanti, divenne possibile effettuare esperimenti di incrocio in cui i moscerini differivano per più di una caratteristica.


Mendel aveva dimostrato che le coppie di alleli segregano indipendentemente dalle altre coppie. In realtà, gli alleli dei due geni differenti possono segregare in maniera indipendente solo se i geni sono posti su cromosomi diversi; se gli alleli dei due geni si trovano sullo stesso cromosoma allora la segregazione degli alleli di un gene non potrà essere indipendente rispetto alla segregazione degli alleli di un altro gene. Se gli alleli di due geni differenti sono sullo stesso cromosoma, durante la meiosi finiranno entrambi nello stesso gamete. I geni che tendono a rimanere uniti sono detti associati in quanto appartengono allo stesso gruppo di associazione. A mano a mano che procedevano gli esperimenti di incrocio con Drosophila, le mutazioni cominciarono a essere suddivise in quattro gruppi di associazione, in relazione alle quattro coppie di cromosomi visibili nelle cellule. In tutti gli organismi studiati, il numero di gruppi di associazione risultò coincidere con il numero di coppie cromosomiche e ciò rappresentava un ulteriore sostegno all’ipotesi di Sutton, secondo la quale i geni si trovano sui cromosomi.

Gli studi di associazione rivelano alcuni aspetti sorprendenti. La maggior parte dei moscerini ha il corpo di colore marrone chiaro e le ali lunghe, entrambi  caratteri dominanti. Quando individui omozigoti per queste caratteriste furono incrociati con moscerini mutanti con corpo nero e ali corte tutti gli individui della generazione F1 mostrarono corpo marrone e ali lunghe quando gli individui della generazione F1 furono incrociati tra loro si ipotizzarono due soluzioni possibili.
  • I geni per il colore del corpo e la lunghezza delle ali potevano segregare indipendentemente e dare origine a rapporto mendeliano 9:3:3:1 nei fenotipi della generazione F2, indicando così che i geni per questi due caratteri si trovavano su coppie differenti di cromosomi omologhi.
  • I geni per i due caratteri potevano essere associati e il 75% dei moscerini della generazione F2 sarebbe stato marrone con ali lunghe e il 25%, omozigote per i due caratteri recessivi, sarebbe stato nero con ali corte, determinando un rapporto fenotipico di 3:1.

I risultati sperimentali si avvicinavano molto alla seconda ipotesi. In qualche discendente i geni per questi caratteri sembravano segregare independemente; comparivano nella generazione F2 alcuni moscerini con corpo marrone e ali corte e alcuni con corpo nero e ali lunghe. L’unico modo per spiegare i risultati ottenuti era supporre che ci potesse essere uno scambio di alleli tra cromosomi omologhi, cioè che gli alleli si potessero ricombinare.

Oggi sappiamo che lo scambio di parti di cromosomi omologhi avviene nella profase I della meiosi. Se il crossing over avvenisse tra i segmenti omologhi su cui sono localizzati gli alleli di uno solo dei due geni, gli alleli dei due differenti geni risulterebbero separati nel momento in cui i cromatidi dei due omologhi si spezzano e si ricombinano tra loro; se uno solo dei due geni andasse incontro a ricombinazione, il fenotipo risultante corrisponderebbe a quello che ci si aspetterebbe se i due geni si trovassero su due cromosomi diversi.

Con la scoperta del crossing over cominciò a essere chiaro non solo che i geni sono portati dai cromosomi ma anche che devono essere localizzati in punti particolare (loci) dei cromosomi. Risultò evidente che gli alleli di ogni gene devono occupare loci corrispondenti su cromosomi omologhi, altrimenti lo scambio di parti di cromosomi darebbe luogo a un caos genetico e non a uno scambio preciso fra alleli corrispondenti.
La percentuale di ricombinazione tra due geni qualunque era differente dalla percentuale di ricombinazione tra altri due geni. Fu A. Sturtevant a intuire che la percentuale di ricombinazione potesse avere qualcosa a che fare con la distanza fisica fra i geni che ricombinano. Questo concetto dette il via alla costruzione delle prime mappe cromosomiche. I presupposti di Sturtevant erano che:
  • ·         I geni fossero disposti sui cromosomi in una serie lineare;
  • ·         I geni vicini tra loro fossero separati da crossing over meno frequentemente dei geni più lontani;
  • ·         Dovesse quindi essere possibile tracciare la sequenza dei geni lungo i cromosomi e conoscere la distanza relativa tra essi.

Supponiamo che dall’unione di due organismi nascano 1000 discendenti e prendiamo in considerazione due caratteri che si trovano sullo stesso cromosoma. Tali caratteri sono pertanto associati e dovrebbero segregare insieme. I risultati reali nel genotipo dei discendenti si discostano da quelli attesi perché si deve tener conto del fenomeno del crossing over. Per sapere quanto i geni che portano i due caratteri sono lontani è sufficiente conoscere il numero dei discendenti ricombinati.
Originariamente scoperti dal biologo francese E. Balbiani nelle ghiandole salivari di insetti simili alle zanzare, nel 1933 vennero trovati nelle stesse ghiandole delle larve di Drosophila dei cromosomi giganti o politenici, caratterizzati da bande chiare e scure ben visibili. Questa configurazione a bande divenne un altro utile strumento per i genetisti, poiché li mise in grado di rilevare variazioni nella struttura dei cromosomi stessi.

Osservando le diverse configurazioni a bande dei cromosomi giganti, i ricercatori riuscirono a localizzare i punti in cui erano avvenute determinate variazioni della struttura cromosomica; tali variazioni comprendono le delezioni, le duplicazioni e le traslocazioni. La correzione tra le diverse configurazioni delle bande nei cromosomi giganti e le conseguenze delle variazioni genetiche osservate nei singoli moscerini della frutta, fornì la definitiva conferma dell’ipotesi di Sturtevant, ossia che i geni si presentano sui cromosomi in una sequenza lineare.


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